
Nel contesto della nostra scuola paritaria dell’infanzia, nido e primaria a indirizzo musicale, il tema dell’inclusione è parte integrante del nostro progetto educativo. Per questo motivo, ci confrontiamo ogni giorno con strumenti e metodologie pensate per sostenere i bambini con bisogni comunicativi complessi.
Tra questi strumenti, la Comunicazione Aumentativa e Alternativa (CAA) è oggi una delle pratiche più diffuse. Ma è davvero lo strumento adatto per tutti? Quali sono gli effetti sulla relazione educativa? In questo articolo, proponiamo una riflessione nata dall’osservazione quotidiana in classe, con uno sguardo critico e aperto.
Quando il bambino rifiuta l’immagine
Nella pratica scolastica, può accadere che l’agenda visiva o la tabella dei simboli venga rifiutata con forza da alcuni bambini, anche autistici. Qual è il messaggio che ci stanno lanciando in quel momento? È possibile che lo strumento, pur pensato per aiutarli, non rappresenti davvero la loro modalità comunicativa?
La comunicazione non può essere imposta: deve essere sentita, scelta, riconosciuta come propria.
Il rischio dell’addestramento
Se la CAA viene utilizzata in modo rigido, rischia di trasformare la relazione educativa in una sequenza di comandi e risposte, più simile a un addestramento che a uno scambio umano. Quando il dialogo si riduce a: “Mostra il simbolo e ottieni l’oggetto”, il rischio è che l’interazione perda autenticità.
Come scuola, crediamo che la comunicazione debba sempre nutrire la relazione, non ridursi a uno schema predefinito.
Il linguaggio del corpo e degli sguardi
Ogni bambino comunica anche con gli occhi, il volto, i gesti, il tono di voce. Se ci limitiamo alla rappresentazione grafica, dimentichiamo tutta la ricchezza dell’espressività umana. La CAA, se usata in modo eccessivamente tecnico, può ridurre la comunicazione a una meccanica funzionale, sacrificando l’aspetto relazionale e affettivo.
Standardizzazione e personalizzazione: due direzioni opposte
Non possiamo ignorare che attorno alla CAA si sia sviluppato un sistema specialistico anche di natura economica, che talvolta propone percorsi “preconfezionati” e poco personalizzati. Una scuola realmente inclusiva deve interrogarsi: questo strumento serve davvero a questo bambino, in questo momento?
Verso un uso consapevole e dialogico della CAA
La Comunicazione Aumentativa può essere una risorsa preziosa, ma come ogni strumento educativo deve essere calibrata sul contesto, sul bambino e sulla relazione.
Ogni intervento dovrebbe partire da una domanda chiave: sta aiutando davvero questo bambino ad esprimersi e a connettersi con gli altri?
Conclusione
La tecnologia, le immagini, i simboli sono strumenti utili, ma non possono sostituire lo sguardo, la voce, la presenza autentica.
In una scuola a indirizzo musicale, dove l’espressione passa anche per il suono, il ritmo e il gesto, il dialogo educativo si costruisce attraverso molteplici canali. La vera sfida è trovare la melodia giusta per ogni bambino.
Chi scrive
Anella D’Agostino – Sociologa, formatrice e già docente nella scuola secondaria. Si occupa di inclusione scolastica e riflessione critica sui modelli educativi.